Autore di lungo corso nella narrativa, con alle spalle più che trentennale attività giornalistica su testata nazionale come inviato speciale, Claudio Giacchino negli anni ha costruito un percorso narrativo basato su romanzi di natura sociale e politica riguardanti la contemporaneità. Venti di terrorismo è una sobria raccolta di confidenze fatte dalle vittime del terrorismo in Italia e più in dettaglio a Torino, negli anni bui tra il 1977 e il 1982, secondo la formula di Edgar Lee Masters, usata nell’Antologia di Spoon River. Le vittime raccontano il loro ruolo di agnelli immolati dai terroristi di qualsiasi appartenenza: anarchica, di estrema sinistra o di estrema destra. Nel giudizio dell’Autore, emerge l’inutilità della violenza subita che non ha inciso in alcun modo nella storia collettiva e che si riduce ad atto di vigliaccheria delinquenziale. È evidente il modello di scrittura angloamericana cui Giacchino si ispira e che discende dagli orientamenti di Gordon Lish, riverberati in scrittori del calibro di Edgar Lawrence Doctorow, Raymond Carver, Richard Ford, James Ellroy e altri ancora.
All’unanimità la Giuria attribuisce il Primo Premio assoluto per la Narrativa.
Il romanzo di Paolo Chiappero ricostruisce l’evasione rocambolesca dei due militari italiani, Rino e Giacomo, prigionieri in un campo a Berlino e trattati come schiavi, divenuti un numero di matricola delle I.M.I. (Internati Militari Italiani), arrestati perché si rifiutarono di non rispettare l’armistizio dichiarato dall’Italia l’8 settembre 1943 e quindi rifiutarono di unirsi alle forze tedesche. Dopo circa due anni di prigionia riescono ad attraversare la Germania con una gloriosa Volkswagen, l’antenata del noto maggiolino. Il libro è un romanzo di viaggio, quasi la cronaca dei mille pericoli affrontati, ma non manca di testimoniare l’atteggiamento di umanità e di aiuto di cui i fuggiaschi si avvalgono. Il racconto è scritto in modo filante sobrio, da scrittore esperto, benché l’autore sia in opera prima, e rappresenta un’opera in buon equilibrio tra le esigenze veristiche della cronaca di un fatto reale e le ricostruzioni sentimentali delle emozioni umane.
La Giuria conferisce all’unanimità il Secondo Premio per la narrativa.
Il romanzo racconta la storia di una ragazza ruandese adottata in Italia da una coppia senza figli che lavorano entrambi nella scuola, ma con ruoli diversificati tra l’insegnamento e il personale Ata. Dai genitori adottivi viene ribattezzata “Saranostra”, con una carica di possessione affettiva che concorrerà a promuovere nella protagonista una presa di conoscenza della sua interezza come persona umana libera ed emancipata, cioè a “saltare il fiume”, e a liberarsi della crisalide che la rinserra come in un bozzolo seriaceo, per divenire, invece, una libera farfalla, innamorata e che si fa amare per la bellezza naturale dei suoi colori. Il libro, che è scritto con una dizione quasi di tradizione orale, piuttosto lontana dai modelli della tradizione classica letteraria, ha il merito di restituire all’ambiente scolastico e all’azione di presa di coscienza sviluppata dai giovani un ruolo di fondamentale importanza sociale e di formazione.
La Giuria conferisce all’unanimità il Terzo Premio per la narrativa.
Questo romanzo ci svela la parte meno nota della vita di uno dei più importanti magistrati italiani della seconda metà del secolo scorso, Nino Caponnetto, colui che ha istruito insieme ai compianti Falcone e Borsellino il primo maxi-processo nei confronti della mafia siciliana. Il figlio Massimo, con una limpida scrittura di affettuosa complicità, ne indaga e ci rivela il suo tratto umano e intimo dove emerge la figura dell’amata moglie Bettina, donna generosa e determinata che è sempre rimasta al suo fianco anche nei momenti più dolorosi del suo ruolo di magistrato.
La Giuria attribuisce all’unanimità la condizione premiata di Finalista.
Originale romanzo dalla prosa godibile che fonde aspetti surreali con tratti di inquietante veridicità sullo sfondo di una Napoli sempre pronta all’apocalisse perché ai piedi del Vesuvio, ma supportata altresì da un tratto di sorridente ironia che è la quintessenza dei suoi abitanti.
La Giuria attribuisce all’unanimità la condizione premiata di Finalista.
La furia degli uomini è un’opera di notevole impatto emotivo costruita sulla scorta di un chiaro stile giornalistico che le imprime un ritmo serrato e incalzante. Il suo autore ne colloca gli avvenimenti in un biennio, 1991-92, particolarmente efferato e doloroso per il nostro paese, cioè quello delle principali stragi mafiose. Il lettore assiste a una ricostruzione dei fatti accurata e meticolosa che evidenzia con implacabile efficacia connivenze e inquietanti zone d’ombra che ci lasciano pesanti interrogativi irrisolti e proprio per questo non è lecito dimenticare.
La Giuria attribuisce all’unanimità la condizione premiata di Finalista.
Pagine intense e intrise di connotati drammatici che mettono in risalto uno dei periodi più bui della storia sovietica, con tematiche crude ed inquietanti raccontate dall’autore con un ritmico, calibrato alternarsi di splendore e di male sullo sfondo di un intreccio appassionato e coinvolgente.
La Giuria attribuisce all’unanimità la Menzione d’Onore.
Un incontro nato per caso tra due figure totalmente diverse in cui il protagonista, figura in crisi d’identità, avvicina un clochard, sondando tutti quegli aspetti che caratterizzano la vita dei “senza fissa dimora”, con un ritmo di scrittura incalzante e particolare, che conferisce realismo e drammaticità alla storia.
La Giuria attribuisce all’unanimità la Menzione d’Onore.
Il bravo scrittore gallaratese Adelfo Maurizio Forni prosegue nell’organizzare la sua ricca raccolta di episodi e vicende, spesso tratte in chiave autobiografica, con il libro di racconti denominato Kintsugi, il cui titolo richiama alla mente l’arte orientale di ricomporre gli oggetti che sono finiti in pezzi, facendoli rivivere in una rinascita avvalorativa della loro bellezza. La metafora intende indicare la necessità di sapere compiere l’atto liberatorio, spezzando le catene ovvero liberandosi della gabbia o della maschera esterna in cui siamo racchiusi, per poi acquisire una nuova dimensione e una nuova bellezza del nostro essere altra cosa da ciò che eravamo.
La Giuria attribuisce all’unanimità la Menzione d’Onore.
Pagine di struggente lirismo e ricche di elementi descrittivi in cui gli ineluttabili imprevisti del destino conducono la protagonista alla ricostruzione di sé stessa, in un cammino spesso tortuoso, ma con aspetti anche insoliti e intriganti per approdare infine ad un luminoso riscatto.
La Giuria attribuisce all’unanimità la Menzione d’Onore.
I fatti raccontati in questo appassionante libro si svolgono durante i mesi successivi all’armistizio dell’8 settembre 1943. L’esercito italiano si dissolve come neve al sole e gli ignari soldati abbandonati a sé stessi si trovano a dover scegliere tra fuga, deportazione o lotta partigiana. Giulio Rebecchi, grazie a una prosa scorrevole e di essenziale immediatezza, segue con puntuale realismo e diffusa sensibilità il destino di alcuni di loro tra piccoli atti di eroismo, umane debolezze e generosa solidarietà.
La Giuria attribuisce all’unanimità la Menzione d’Onore.
Il racconto, che l’autrice ci propone con una sintassi ben articolata e di agevole lettura, è ambientato nei primi anni ’60 del secolo scorso in un piccolo paese dell’Alta Italia dove, a causa di un matrimonio combinato, arriva la ragazza calabrese Carmelina. Si troverà ad affrontare un mondo a lei sconosciuto e sovente ostile, a partire dall’autoritaria suocera. A dispetto dell’apparente tranquillità della vita agreste accadranno molti avvenimenti anche drammatici che coinvolgeranno la protagonista che tuttavia saprà affrontarli con inaspettati coraggio e determinazione.
La Giuria attribuisce all’unanimità la Menzione d’Onore.