Poesie sofferte e delicatissime che trattano l’amore e ne mettono a nudo l’assenza di diritto e di giustizia, l’investimento di cura, attenzione e sogno sviluppato dal corteggiatore a fronte del quale è corrisposto “proprio nulla nulla nulla”, secondo l’alto teorema del poeta provenzale Jaufré Rudel che cantò il suo amor de lonh, per la Contessa di Tripoli Melisenda, di cui si innamorò perdutamente solo avendo ammirato il volto in un quadro e raccolto notizie indirette sulle virtù e sulle doti della donna. L’originalità della proposta del poeta Molinaro, espertissimo autore torinese di poesie della realtà e del quotidiano, è racchiusa nell’avere saputo fare rivivere con sapienza e con palmare efficacia, nella cruda realtà contemporanea di oggi, tendenzialmente sgarbata e maschilista nei rapporti d’amore tra uomo e donna, il più alto esempio di amore sofferto e disinteressato di un uomo dedicato alla donna, con l’unico scopo di rendere omaggio alla gentilezza e alla bellezza femminile.
La poetica di celebrazione della storia umana attraverso il canto della poesia e l’elaborazione dei significati profondi della memoria valorizzata dalla Parola del poeta stanno al centro del prosimetro della poetessa fiorentina che identifica la temperie dei secoli e il dipanarsi della storia con i dolmen megalitici, mitologiche tombe di archiviazione della storia e dei resti degli uomini che vissero quelle vicende. Il testo risulta sapientemente arieggiato dal ricorso a registri stilistici differenziati, compresi tra l’introspezione poetica, la descrizione narrativa, il recitativo drammatico, in una pienezza di contenuti e di forme della letteratura che concorrono sinergicamente ad accreditare il valore della parola scritta nella poesia come suprema invenzione della civiltà umana, nella funzione di attribuzione di significati alla realtà e di conservazione e di resistenza all’opera disgregatrice di erosione del tempo.
Una poetica di recupero del visionario, del racconto surreale e della vicenda fosca con scorci metropolitani di ascendenza nei paesaggi oscuri di Edgar Allan Poe, ma che poi si sviluppa e si appiana nell’ansietà e nella nevrosi moderna, che tutto acquisisce in una logica di accatastamento e di omogeneizzazione come avviene nei “carrelli” della spesa dei supermercati, dove il superfluo fa premio con il necessario e la banalità offusca la rarità. Unico rifugio incontaminato appare il sogno d’amore che accomuna la quotidianità di un amore casalingo al tepore del nido degli uccelli.
Poesia nitida ed elegantemente disadorna della condizione di disagio dell’esistenza documentato con asciuttezza scarna nella constatazione amichevole dei danni causati dall’uso e dall’abuso della vita, documentata in una luce arresa di accettazione che è già prova di conciliazione e di maturità di cultura. Una cultura splendente di fine erudizione, mai sbandierata, ma costantemente allusa con sottile ironia.
Poesia illuminata di “nostalgia e bellezza” come se fosse un’endiadi inscindibile dedicata a Messina, porta della più grande Isola del Mare Mediterraneo, ricca di storia e di cultura. In particolare gli ambienti messinesi sono evocati in atmosfere che uniscono insieme il dato memoriale soggettivo della storia autobiografica della poetessa con le caratteristiche di splendore naturale e artistico dei luoghi, in una fusione poetica perfettamente riuscita delle cose e delle persone che costituiscono il volto della realtà.