Gli arilli sono i chicchi, ovvero i semi, incastonati nella polpa legnosa del melograno. Nell’opera dell’autore Arilli è il nome della protagonista di molti racconti, collocati in diverse epoche storiche: nel prologo Arilli è una pastorella affascinata dai fauni che vive, ai tempi della fondazione di Roma, sui monti Ausoni; diviene una ragazza ebrea scampata alla camera a gas in un campo di sterminio, poi una quattordicenne che vuole farsi sedurre da un cinquantenne, infine una signora bene che pur amando, a suo dire, il consorte, colleziona relazioni sentimentali con altri uomini. A queste storie se ne assommano altre, ironiche, tragiche, malinconiche, avventurose, scritte con grande perizia stilistica, storie che, a prescindere dal prologo, tutte assieme formano un quadro di ciò che noi eravamo e siamo divenuti a partire dal secondo dopoguerra fino ai giorni attuali. Sullo sfondo delle narrazioni c’è Trieste, affacciata sullo splendido golfo, alle sue spalle il Carso coi suoi colori, il rosso dell’autunno, il giallo sfolgorante della primavera: una città e un retroterra incantevoli contesi tra etnie che si sono combattute in aspri conflitti e che sono sempre alla ricerca di una difficile pace.